Mister Zeman torna in pista e questa volta non nello studio di Milly Carlucci dove pochi mesi fa, impacciatissimo, aveva improvvisato qualche passo di danza. Lo farà in tuta, scarpe da ginnastica, i panni che più gli sono comodi.
Torna a Pescara per la terza volta, con la promozione in Serie B nel mirino che gli varrebbe il rinnovo automatico per la prossima stagione. Torna in quella piazza in cui ha vissuto emozioni forti, momenti trionfali ma anche dolori sordi e grandi delusioni. “Sono contentissimo – ha detto il boemo al suo arrivo in città – spero di rivedere i tifosi felici come dodici anni fa“.
La prima volta nel 2011-2012
La pagina più bella la scrive nella sua prima volta in Abruzzo, nel 2011-2012. E’ quella del ritorno in Serie A dopo diciannove anni, una cavalcata storica, inaspettata ed entusiasmante. La scelta del presidente Daniele Sebastiani ricade su Zeman sulla base di esigenze precise: rifondare la squadra, abbassare l’età media, non ricorrere a spese folli. La classica situazione in cui l’identikit perfetto è quello del boemo a cui questo tipo di sfide piacciono e nemmeno poco. A Pescara c’è anche il mare, altro elemento spesso dirimente nelle sue decisioni. Firma il contratto e fa due capolavori in uno: riporta il Pescara in A dopo 19 anni e lo fa costruendo una rosa di giovanissimi semi sconosciuti sapientemente scelti e forgiati. Su tutti Lorenzo Insigne e Ciro Immobile, due ventenni con licenza di divertire e divertirsi lì davanti, e un appena diciannovenne Marco Verratti a cui il boemo affida senza esitazioni le chiavi del centrocampo: a lui il compito di far girare la macchina di quel 433, irrinunciabile marchio di fabbrica.
Impossibile prevedere allora che quei tre ragazzini, un po’ incoscienti e ancora un po’ grezzi, solo dieci anni più tardi si sarebbero ritrovati a condividere la vittoria dell’Europeo con la maglia azzurra. Siamo pronti a scommettere che così in là non avesse visto nemmeno l’occhio lungo del tecnico di Praga.
Quel Pescara è uno scintillante luna park: velocità, sovrapposizioni, verticalità e tanta tecnica abbinata alla freschezza del talento: alla fine saranno 90 i gol in 42 partite, il secondo migliore attacco nella storia della Serie B.
Ma per Zeman quella stagione è anche l’appuntamento con il dolore, enorme e lacerante. Tornato a casa dopo aver guidato l’allenamento dei portieri, Franco Mancini, storico portiere del Foggia che il boemo ha poi voluto nel suo staff, viene colpito da infarto e muore. Sarà proprio per quel figlioccio speciale il primo pensiero al fischio finale della partita promozione a Marassi contro la Sampdoria. Zdenek il glaciale viene sopraffatto dalle emozioni e si lascia andare a un pianto dirotto. Ai microfoni che lo circondano riesce solo a dire: “E’ per lui, è per Franco”.
Paradossalmente è proprio quell’emozione ad allontanarlo dall’Abruzzo. Walter Sabatini, seduto davanti alla tv, assiste alla quella scena di struggente fragilità e ne resta colpito. Gli chiede di tornare alla Roma che stava avviando un nuovo corso. Troppo potente quel richiamo per girarsi dall’altra parte. Non lo fa e torna in giallorosso. A Pescara – pur comprendendo la situazione – si mastica amaro.
Il ritorno nel 2017-2018
Il destino costruisce l’occasione per il clamoroso ritorno a Pescara 5 anni più tardi, quando Sebastiani richiama Zdengo per tentare di raddrizzare una stagione complicata. Purtroppo lo Zeman-bis è decisamente meno fortunato del primo. La squadra retrocede in B e, tra scaramucce, contraddizioni e qualche colpo basso di troppo, il boemo viene esonerato nel corso dell’annata successiva.
Nel suo libro il tecnico racconta che l’ultimo strappo matura dopo la sconfitta esterna contro il Cittadella. Un furioso Sebastiani intima a tutta la comitiva il rientro a Pescara fissando una riunione il giorno seguente. Zeman non obbedisce e torna a Roma dal figlio Andrea in cura per un cancro: “Sebastiani approfittò della mia assenza definendola ingiustificata e non comunicata. Prima mi multarono e poi mi esonerarono”. Versione questa sempre smentita dal numero uno del club. Il botta e risposta dei due nel corso degli anni successivi scaverà una frattura che, a questo punto a torto, si pensava insanabile.
Lo Zeman-ter
Già nel giugno scorso, con il ds Delli Carri grande mediatore, si era provato a gettare le basi per una terza volta. Non se ne fece nulla, troppi i dubbi e le titubanze di Sebastiani e di Zeman stesso. Ma forse anche solo riparlarsi è servito ad accorciare le distanze, a spiegarsi, a sbiadire il rosso della rabbia.
Deve essere andata proprio così se oggi, a 75 anni, l’eterno boemo torna in campo. Che per lui è anche quel luogo dell’anima dove rancori e delusioni spariscono per lasciar spazio “alla grande bellezza” del suo calcio. Quel calcio perennemente sospeso tra magia e utopia ma che conserva intatto il fascino di sempre al netto delle differenti correnti filosofiche tra “giochisti” e risultatisti”. Lui sappiamo bene da che parte trovarlo: “Scusi Mister, ma chi difende?”, “Difende avversario”.
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