di Francesca Turco – “Gli eroi sono tutti giovani e belli” cantava Francesco Guccini. Giovane e bello Daniel Jarque lo era davvero. Eroe lo diventerà purtroppo quel sabato 8 agosto del 2009.
In quell’estate l’Espanyol era in ritiro al Centro tecnico federale di Coverciano. Così aveva deciso Mauricio Pochettino che di quella squadra era diventato l’allenatore dopo averne indossato i colori in campo fino al 2006. Due amichevoli italiane per testare la messa a punto del gruppo prima della partenza della Liga: la prima pareggiata contro il Napoli tre giorni prima e la seconda contro il Bologna in programma il giorno successivo.
In quei giorni Daniel aveva avuto l’onere e l’onore di ricevere la fascia di capitano da Tamudo, su espressa richiesta di Pochettino. Una medaglia preziosa per lui, catalano doc, cresciuto nella cantera dei Periquitos dai 12 anni, fino all’esordio in prima squadra avvenuto nel 2002. Dalla vittoria di Coppa del Re, fino a quella finale di Coppa UEFA tutta spagnola persa ai rigori contro il Siviglia nel 2007.
Dopo l’allenamento di quel sabato 8 agosto, Pochettino aveva concesso alla squadra il pomeriggio libero e la possibilità di allontanarsi dal Centro per visitare Firenze. Daniel non si sente bene, chiede al medico un farmaco per il mal di testa: “Sono stanco mister, preferisco andare in camera a riposare”.
Sale in stanza, forse dorme un po’, poi la consueta telefonata alla compagna incinta di 7 mesi di Martina. All’improvviso Daniel smette di rispondere a Jessica. Lei lo chiama, nessuna risposta. Lei si allarma, allerta lo staff medico che si precipita nella stanza, le provano tutte per un’ora senza riuscire a rianimarlo.
Pochettino racconterà così quei momenti nella sua biografia: “I medici hanno fatto del loro meglio per rianimarlo, è stato un dramma. Sentivamo di essere impotenti davanti a Dani che ci lasciava, perché non era solo un calciatore, ma una persona con la quale hai condiviso parte della tua vita, il capitano della squadra. Il dolore era ed è ancora oggi enorme”.
L’improvvisa scomparsa scuote tutto il mondo calcistico anche in Italia. Fra i calciatori, più toccati c’è Fabio Quagliarella: “Ci avevo giocato contro 3 giorni prima, a Napoli . Quando al ritorno dall’Inghilterra ho acceso il telefonino e ho letto il messaggio, non volevo crederci. Io credo al destino: se Jarque fosse uscito con i compagni in giro a Firenze, e non fosse rimasto solo in camera, forse si sarebbe potuto salvare“.
La morte di Jarque, a circa due anni da quella di Antonio Puerta crollato in campo, rinvigorirà il dibattito e i sospetti su usi e abusi spagnoli. Si torna a invocare controlli più rigorosi e severi per gli atleti. Sarà l’autopsia a sgombrare il campo da ogni dubbio: la morte di Jarque non poteva essere evitata ed era avvenuta per cause naturali. “Il giocatore dell’Espanyol è deceduto a causa di una crisi sistolica” chiarirà il comunicato del club.
La notizia fa presto il giro dei social e dopo poco allo Stadio Cornellà-El Prat di Barcellona, oggi RCDE Stadium, diventa un santuario allestito davanti alla porta 21, il numero di maglia del capitano.
E’ uno choc per tutti, lo è di più per Andrés Iniesta. Tra i due un’amicizia profonda nata nelle nazionali giovanili della Spagna. La scomparsa di Jarque porterà “il professore” a conoscere da vicino la depressione: “Dopo la morte di Dani non mi sentivo bene e non ero più me stesso. Era tutto buio, ho visto tutto nero. Quando ho saputo del mio amico è stato come ricevere un pugno, un colpo molto forte che mi ha messo fuori combattimento e mi ha fatto cadere molto in basso“.
L’11 luglio 2010, dopo aver firmato il gol vittoria durante i supplementari della finale tra Spagna e Olanda del Mondiale sudafricano, il pensiero di Iniesta è solo per l’amico che non c’è più: “Dani Jarque siempre con nosotros” c’è scritto sulla maglia che Andres mostra alle telecamere.
Sarà così. Quella fine così tragica consegna Daniel Jarque al mito.
Per tenerne vivo il ricordo la società dell’Epanyol, oltre a ritirare per sempre la sua maglia in segno di rispetto, ha costruito la cittadella sportiva “Daniel Jarque” e dedicato allo sfortunato giocatore una statua nel cuore del nuovo stadio inaugurato solo pochi giorni prima della sua morte.
Ma soprattutto, dal giorno della sua morte, al minuto 21 di ogni partita casalinga dell’Espanyol la tifoseria lascia partire un applauso lungo 60 secondi al coro “Nunca te olvidaremos”, non ti dimenticheremo mai. A quell’applauso si unisce simbolicamente tutta la Spagna da ormai quattordici anni.

Leave a comment