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Ricordi di calcio: “La Lazio e quel no al Barcellona di Crujiff”

Silio Rossi racconta aneddoti, incontri e storie di calcio vissute

di Silio Rossi – Questa volta si gioca. La Lazio domani affronterà gli spagnoli dell’Atletico di Madrid all’Olimpico, per la prima uscita di Champions League.

Il rapporto tra la Lazio e le partecipazioni alle Coppe europee è stato a volte traumatico, ricco di delusioni, di arrabbiature, di calcioni prima, durante e dopo le partite. È stato anche la storia di un grande incasso sfumato per il rifiuto di ospitare un’altra squadra spagnola, quel Barcellona in cui splendeva la stella di Johan Cruijff, come gesto di protesta verso il regime di Francisco quel Franco.    

È vero che venticinque anni fa la formazione guidata da Sven Goran Eriksson, sotto la gestione di Sergio Cragnotti, conquistò una finale di Coppa Uefa e si aggiudicò la Coppa delle Coppe, traguardi che hanno reso giustizia a quel gruppo di campioni. È vero che addirittura una cinquantina di anni fa la squadra di Maestrelli, con un Chinaglia in grande giornata, vinse nel 1971 la Coppa delle Alpi. Ma è altrettanto vero che i dolori, le recriminazioni, i danni spuntarono a cavallo degli anni del primo scudetto, quando si sperava che oltre al Milan, la Juve, l’Inter, anche la Lazio riuscisse a scrivere il suo nome negli annali delle manifestazioni internazionali.

I primi guai nella Coppa Uefa del 1973. Il sorteggio in Svizzera trovò la Lazio accoppiata all’Ipswich Town, formazione inglese, ben preparata e difficile da affrontare, come tutte le squadre che venivano da quelle parti. Una volta in campo, nella gara giocata in casa loro, la realtà e la differenza di forze e di esperienza vennero subito a turbare le speranze dei biancazzurri. All’andata, infatti, i laziali furono battuti per 4-0, con grandi polemiche, spintoni, qualche fallo non regolamentare e con strani appuntamenti: “Ci vediamo a Roma“. Insomma Chinaglia e compagni, oltre a cercare la rivincita, puntavano, almeno a restituire i calci rimediati in Inghilterra, giurando che la gara avrebbe avuto un andamento diverso, almeno a insulti, a parolacce e a calcioni sugli stinchi.

Wilson, Oddi, Martini, lo stesso Chinaglia, anche se la Lazio vinse quel match per 4-2, mantennero quanto avevano promesso di fronte alla spocchia degli inglesi e ai sorrisi che in campo accompagnavano ogni loro azione. Fu un’autentica caccia all’uomo sotto gli occhi della terna arbitrale che, ovviamente, registrò ogni cosa, incastrando i colpevoli delle risse. E fuori dell’Olimpico, nelle stradine e sui piazzali intorno, anche i tifosi diedero vita a una feroce guerriglia.

La risposta dell’Uefa fu immediata e giustamente di condanna: per la Lazio un anno di esclusione dalle competizioni europee, multe, ammonizioni alla società e squalifiche per i più esagitati.

Per effetto di quella squalifica, con la conquista del primo titolo di campioni d’Italia del 1974, Tommaso Maestrelli e i suoi ragazzi non furono ammessi alla Coppa dei Campioni. Sarebbe stata la prima volta, la prima vera occasione per far conoscere il meraviglioso calcio del Maestro anche all’estero, ma i sogni di gloria restarono nel cassetto.

Grazie al buon piazzamento nella stagione 1975-1976 la Lazio tornò in Europa e il sorteggio per partecipare alla Coppa Uefa regalò, “nientepopodimenoche” il Barcellona, allora formazione stellare, nella quale splendeva la luce di Johan Cruijff.

Gli spagnoli facevano sì paura, ma davano anche lustro a chi li affrontava. Facile immaginare che, nella gara prevista allo Stadio Olimpico, ci sarebbero stati il pienone e l’incasso delle grandi occasioni.

In Svizzera la società biancazzurra era rappresentata da Nando Vona, cinquant’anni di Lazio, consigliere e a lungo capo della segreteria, insomma un vero punto di riferimento. Vona fece salti di gioia per quello che considerava il sorteggio “da grandi occasioni”, con l’attenzione già proiettata al “pienone” e ai tanti soldi nelle casse sociali.

Il match era in programma per il 25 di ottobre 1975 ma la gara tra biancazzurri e catalani a Roma non è stata mai giocata. Perché? Perché un mese prima in Spagna il regime fascista del “Caudillo” Francisco Franco fece eseguire cinque condanne a morte, nonostante ci fosse stata la richiesta di grazia da ogni parte del mondo e la supplica di Paolo VI, il Papa che dal Vaticano fece conoscere la sua voce accorata e preoccupata.

La presa di posizione di alcuni giornali internazionali e italiani, sdegnati per quello che era accaduto in Spagna, diede vita a una enorme battaglia perché il match romano non si giocasse. Forte fu la pressione su Umberto Lenzini, combattuto tra la difficile situazione politica che si era venuta a creare e il desiderio dei suoi giocatori, tutti uniti nel voler giocare. 

L’Uefa, intanto, minacciava una dura squalifica per la Lazio nel caso non fosse scesa in campo mentre il Barcellona faceva sapere che avrebbe chiesto il risarcimento per la mancata percentuale sull’incasso.

La Lazio pensò allora di uscire dall’impasse schierando la formazione primavera. La risposta fu negativa e anche la Federcalcio italiana se ne lavò le mani, sostenendo che la questione non fosse affar suo. Seguirono giorni di grande confusione, e una settimana prima della data fissata, la Lazio ufficializzò la rinuncia: a Roma la partita non si sarebbe giocata. Visto che i biglietti erano stati già messi in vendita, per non perdere i soldi della sua parte di incasso, Il Barcellona, raggiunse ugualmente la Capitale.

Lenzini era angosciato: “Avremmo corso molti rischi“. E Nando Vona, disperato, si aggirava nelle stanze a via Col di Lana ripetendo come fosse un ritornello: “L’Uefa c’ha dato er Barcellona e noi qui, a Roma, non ce potemo giocà“.

(foto Lazio Wiki)

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