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Oggi l’addio a Lodetti, detto Ceramica

Oggi alle 14.30 i funerali del mediano colonna del Milan di Rocco

di Roberto Vena – Dal campo usciva sempre avendo dato tutto, senza risparmio. Sia che giocasse in serie A, nelle Coppe o in Nazionale, sia che sgambettasse dentro interminabili partitelle al parco con ragazzini ignari di chi fosse il loro compagno di squadra avanti con gli anni, che si presentava al campetto col nome di Ceramica.

Giovanni Lodetti ha salutato la compagnia venerdì scorso, a 81 anni. Stavolta, il tackle non gli è riuscito e la malattia lo ha dribblato rivolgendogli un ghigno spietato. Il Basleta, soprannome che gli affibbiarono i compagni del Milan per via del suo mento un po’ sporgente, è stato il mediano-colonna del Milan del Paron Nereo Rocco. Di quel Diavolo illuminato dalle stelle di Rivera, Altafini, Sani, Maldini, Trapattoni che nella prima decade degli anni ’60 vinse tutto in Italia, in Europa e anche nelle micidiali sfide intercontinentali con l’Estudiantes, quando lo schiocco dei cazzotti soffocò le note del tango: chiedere a Nestor Combin per i dettagli.

Polmoni inesauribili, cuore come un metronomo e gambe infaticabili, piedi educati ma non raffinati, proprio come si addice a un mediano dei memorabili anni ‘60.
Come tanti, cominciò all’oratorio della sua Caselle Lurani, ora in provincia di Lodi, dove era nato il 10 agosto 1942. A quindici anni entra nel settore giovanile del Milan e nel 1961 arriva in prima squadra vincendo da comprimario il campionato di serie A nella stagione di esordio, l’ottavo per il club rossonero. Ben presto diventò titolare e con il Milan vinse la Coppa dei Campioni 1962-1963 e 68-69, la Coppa Intercontinentale 1969, la Coppa Italia 1966-67, lo scudetto e la Coppa delle Coppe 1967-68. In nove stagioni con i rossoneri disputò complessivamente 288 partite segnando 26 gol. Non male per uno che diceva di essere felice di fare nella vita quel che più gli piaceva ed essere pure pagato per farlo.

Giovanni Lodetti diventò subito il fedele scudiero di Gianni Rivera, correndo per lui e coprendogli incessantemente le spalle, dispensandolo da recuperi e rincorse da sfiatarsi dietro agli avversari, per consentire all’Abatino di breriana memoria di spadroneggiare fra la trequarti e l’area di rigore con lanci, dribbling, veroniche e gol.

Un sodalizio calcistico apparentemente inossidabile con il Golden Boy tanto da fargli dire “di essere orgoglioso di correre pure per lui”.

Il binomio, però, si frantumò nel 1970 per una serie di incomprensioni e di comportamenti di Rivera che il suo alfiere considerò troppo timidi e vennero interpretati da Lodetti “hombre vertical” come autentici tradimenti.

Dopo il sapore dolce dei grandi trionfi per Basleta arrivarono così le sofferenze e le amarezze insanabili. Nel 1970 fa parte della spedizione per i Mondiali del Messico, due anni dopo il trionfo all’Europeo contro la Jugoslavia di Dzajiç. Poi Anastasi viene colpito da appendicite acuta e deve rientrare in Italia. Valcareggi inspiegabilmente di punte in sostituzione di Pietruzzu ne fa arrivare due: Boninsegna e Prati portando a 23 il numero dei convocati. Bisognava tagliarne uno: Messico fa rima con nuvole, cantava Jannacci, e per Lodetti sono nerissime. La scelta cade su di lui come un fulmine, si ritrova in men che non si dica su un volo che dalle Terre temperate lo riporta in Italia, incredulo e furibondo.

Dentro di sé, e forse anche a voce alta, accusò Rivera di non averlo difeso dinanzi allo staff tecnico. Il dolore per lo smacco non lo ha mai abbandonato. Ma il peggio doveva ancora venire: al Milan il presidente Carraro si era innamorato di Romeo Benetti, che giocava nella Samp. Durante le ferie, e col magone messicano ancora alto, Lodetti riceve una telefonata da Milano, è la segretaria del Milan che gli comunica il trasferimento a Genova sponda blucerchiata: Romeo Benetti fa il percorso contrario e sbarca a Milanello. Per Lodetti, liquidato cinicamente, la botta è fortissima, è di fatto l’addio al grande calcio e se la prende di nuovo con Rivera che accusa di non aver impedito la cessione bloccando Carraro. Giocherà nella Samp da capitano fino al 1974, poi il passaggio al Foggia in serie B, quindi al Novara nel 1976. L’anno successivo il ritiro.

A Genova aveva preso il patentino per allenare le giovanili. Prende il telefono e chiama fiducioso Rivera, allora vicepresidente del Milan, proponendosi per allenare i ragazzini. Il Prence Mandrogno (come sempre Brera denominava Rivera per le sue origini alessandrine) gli dice freddamente che al momento non ci sono possibilità. Mesi dopo Lodetti verrà a sapere che il Diavolo gli ha preferito un altro. È la pietra tombale sul rapporto con Rivera, con cui tornerà a parlare solo molti anni dopo a Bologna in occasione di una cerimonia in ricordo di Giacomino Bulgarelli.

Intervistato da Gianni Mura spiegò: “Sa perché mi spiace che non mi abbia chiamato? Perché sarei stato un bravissimo allenatore, con una vocazione nata all’oratorio. E per primo allenamento avrei convocato la squadra alle 7 di mattina, in una stazione affollata di metrò, e gli avrei detto: questi qui fanno i sacrifici, non voi”.

Si possono attaccare le scarpette al chiodo ma il demone del calcio non ti molla. E così Lodetti a 40 anni si infila in una partitella di ragazzi al Parco Trenno a Milano. Faceva footing nel verde quando vide correre i giovanotti dietro al pallone. Si presenta al portiere e chiede di giocare. Lo guarda stupito: “Ma non vede che siamo tutti giovani?” Lui insiste, siete in 10 e perdete 4-1, risponde. Scettici, lo fanno entrare.

La partita finisce 4-4 e lui “se la cava”. Quando gli chiedono come si chiama risponde: “Ceramica, mi chiamo Ceramica”, il nome che era scritto sulla sua giacca a vento, non gli andava di far la parte della vecchia gloria e darsi arie. Diventa un punto fermo della squadra. Anni dopo un vecchietto in bici lo inquadra, lo riconosce e rivela il segreto urbi et orbi. Il colpo di scena non lo allontana dal suo appuntamento con la squadra, giocherà al parco fino al 2007. Poi parlerà di calcio come opinionista in tv.

Ciao Ceramica, mediano dal calco antico precursore del centrocampista contemporaneo.

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