Vale la pena di provare a fare chiarezza sul nuovo pronunciamento della Corte Federale d’Appello che nella serata di ieri ha inflitto 10 punti di penalizzazione alla Juventus per il caso plusvalenze.
LA PENALIZZAZIONE – Partiamo dalla condanna: 10 punti, uno in meno rispetto agli 11 richiesti dal procuratore federale Chiné, 5 in meno rispetto al primo pronunciamento. Lette le motivazioni della decisione del Collegio di Garanzia del Coni, che chiedeva alla Corte di riformulare le motivazioni riguardanti le responsabilità dei dirigenti non esecutivi (tra cui il vicepresidente Nedved) alla luce delle quali provvedere a una rideterminazione della pena, era pressoché scontato si andasse verso una riduzione.
La sanzione è congrua? Sì lo è. È stato rispettato il principio di afflittività della pena? Sì è stato rispettato. Al momento del pronunciamento, la decisione non solo escludeva la Juventus dalla corsa Champions facendola scivolare al settimo posto in classifica, ma le inibiva la possibilità di giocare la Supercoppa Italiana. Ricordiamo che la nuova formula della competizione prevede una sorta di minitorneo a 4 tra le finaliste di Coppa Italia e le prime due classificate (con l’Inter già finalista la partecipazione è estesa alla terza).
L’entità della penalizzazione, peraltro, lasciava ampio spazio al merito: qualora la Juve avesse vinto le restanti tre gare di campionato, tra cui lo scontro diretto con il Milan, avrebbe potuto comunque agganciare la quarta piazza. Questo in linea di principio perché la sconfitta di Empoli – maturata dopo la sentenza – ha quasi cancellato questo scenario.
I PROSCIOGLIMENTI – La Corte Federale d’Appello ha deciso anche per il proscioglimento dei sette dirigenti non esecutivi: Pavel Nedved, Paolo Garimberti, Assia Grazioli Venier, Caitlin Mary Hughes, Daniela Marilungo, Francesco Roncaglio ed Enrico Vellano. Si tratta di manager senza alcuna delega operativa. Vale anche la pena di ricordare che il Collegio di Garanzia aveva: ritenuto legittima la riapertura del processo; convalidato l’intero impianto accusatorio (“poiché è stata comunque evidenziata, a prescindere dagli importi delle singole operazioni e dell’importo complessivo delle stesse, una preordinata e reiterata modalità della violazione delle regole” si legge nelle motivazioni); rigettato tutti i ricorsi dei dirigenti apicali (Agnelli, Arrivabene, Paratici e Cherubini) accertandone le violazioni e confermando le condanne.
IL RICORSO – Parliamo ora della possibilità per la Juventus di presentare un nuovo ricorso al Collegio di Garanzia del Coni. Non c’è nulla che vieti ai bianconeri di procedere in questa direzione, tant’é che il club ha già fatto sapere di essersi riservato questa valutazione.
È però importante spiegare come e perché la strada non è così scontata come nel precedente procedimento. Nelle pieghe delle motivazioni, che saranno pubblicate tra 10/15 giorni, il club dovrà trovare, in punto di diritto, nuove presunte violazioni (differenti da quelle presentate a febbraio perché già esaminate) che giustifichino la richiesta di un nuovo annullamento della sentenza. Tenuto conto di quanto già espresso dal Collegio del Coni, i margini di manovra della Juventus oggi sono oggettivamente strettissimi. Ciò significa che l’iter sportivo per questo filone possa essersi concluso già ieri.
Il 15 giugno prenderà il via il secondo processo, quello relativo alla “manovra stipendi, rapporti con gli agenti e partnership altri club” che, tra sentenze e ricorsi, vedrà la conclusione nella prossima stagione.
I TEMPI – Arriviamo alle tempistiche. Tecnicamente corrette ma deprecabili sotto ogni altro profilo. E’ sicuramente condivisibile la posizione del ministro dello Sport Andrea Abodi: una riforma della Giustizia Sportiva in tema di tempistiche non è più differibile. Se non vanno le norme si metta mano a quelle, se non vanno gli uomini si proceda di conseguenza.
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