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L’editoriale di R. Bernabai: “Il coraggio di Spalletti per centrare l’Europeo”

La nuova Italia di Spalletti analizzata da Roberto Bernabai

Roberto Bernabai

di Roberto Bernabai – La vittoria auspicata e indispensabile ottenuta contro l’Ucraina sembra aver allontanato molti dubbi e altrettante perplessità che avevano fatto seguito al modesto pareggio di Skopje. Il 2-1 di San Siro ha riacceso speranze ed attese nei confronti di una squadra che ha dovuto calarsi velocemente in una dimensione completamente nuova: sul piano tecnico, tattico e psicologico.
Il cambio di gestione ha determinato una situazione quasi emergenziale a causa dei tempi ristretti con i quali si è verificato. Spalletti, notoriamente uomo di campo attento, scrupoloso, quasi maniaco nell’interpretazione del proprio ruolo si è calato coraggiosamente in una realtà per lui inedita, e ha accettato una sfida indubbiamente affascinante, ma anche molto complicata. Tempi inevitabilmente strettissimi per avviare un corso di ricostruzione con l’assillo di una qualificazione europea che il nostro movimento non può permettersi di fallire.

Già in Macedonia la Nazionale aveva fatto intravedere sprazzi di nuovo corso riuscendo, anche se solo in parte, a mettere in pratica i nuovi dettami in una sorta di rodaggio inevitabile ed indispensabile per i giocatori e per lo stesso Commissario tecnico.

Una prova generale che ha consentito di individuare le correzioni adeguate per presentare contro l’Ucraina una formazione più consapevole, certamente più convincente sul piano delle scelte e del gioco.

Spalletti ha dimostrato che i talenti possono coesistere al di là delle gabbie mentali imposte dalla rigidità, spesso fastidiosa, dei postulati tattici. L’esempio più tangibile l’hanno fornito le prove individuali di Frattesi e Barella considerati dagli esperti incompatibili perché troppo simili, ed invece perfettamente calati in un contesto di gioco razionale e organizzato.

Si dice e a ragion veduta, che il nostro calcio fatichi nel produrre nuovi campioni.

Sfruttare e valorizzare le migliori individualità che il campionato offre in un sistema di gioco che possa permettergli di esprimersi anche in una logica di collettivo, diventa quindi una necessità imprescindibile. La strada è lunga e piena di incognite ma Spalletti a San Siro ha dimostrato di volerla percorrere accettando i rischi di una filosofia che al momento sembra essere l’unica in grado di restituire al nostro calcio la dignità che gli compete.

Non è per nulla scontato che Scalvini, Zaniolo, Raspadori, tanto per citarne alcuni, siano già pronti per portarci all’Europeo. Soltanto le prossime quattro partite di qualificazione potranno fornirci una risposta netta. A Spalletti toccherà il compito di completare, fin dove gli sarà possibile, la maturazione di un gruppo che pur non eccellendo come accadeva nelle epoche più gloriose del calcio azzurro, di qualità ne possiede.

La mia personalissima convinzione è che al momento pur non rientrando nell’elite del calcio mondiale, rimaniamo un movimento che per storia, tradizione e valori attuali non può e non deve restare fuori dagli eventi che contano.

In mancanza di un uomo simbolo, di un trascinatore al quale affidarsi e nel quale identificarsi, il lavoro sul gruppo accompagnato da un attento monitoraggio senza preclusioni preannunciato dallo stesso Spalletti, le possibilità di crescita sono più che concrete.

Occorre naturalmente del tempo, quel tempo che il C.T. finora non ha avuto e che ciò nonostante non gli ha impedito di imprimere già la propria personalissima impronta.

Nei prossimi impegni gli azzurri saranno obbligati a cercare il risultato a tutti i costi. Il problema non sussisterà contro Malta, teoricamente non dovrebbe costituire un ostacolo insuperabile neppure il ritorno in casa contro la Macedonia. Nel mezzo la trasferta di Wembley in un impegno contro l’Inghilterra, già serenamente qualificata, che potrebbe infondere fiducia e consapevolezza. Poi di nuovo l’Ucraina per l’ultimo atto, quello decisivo.

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