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Ricordi di calcio: “Sibilia, un genio. Altro che ricco scemo”

Silio Rossi racconta aneddoti, incontri e storie di calcio vissute

Silio Rossi

di Silio Rossi – L’avvocato Giulio Onesti una volta li definì “i ricchi scemi”. E Onesti di sport e di personaggi se ne intendeva davvero. Durante la lunga presenza al Palazzo H di Roma, come presidente del Coni, si era accorto che i bilanci delle società di calcio facevano acqua e che i dirigenti del pallone alzavano sempre il tiro per cercare convenzioni e contributi, “per andare avanti altrimenti erano costretti a chiudere la baracca“.

Onesti al Coni c’è rimasto per 31 anni. Fu lui l’artefice della ricostruzione dello sport dopo la guerra, della ripartenza delle attività stoppate dalle bombe e da un regime che pensava, certo, al fisico dei suoi ragazzi in orbace e camicia nera, ma che aveva trascurato i principi fondamentali di come fosse necessario vivere in gruppo, in comunità.

L’avvocato Onesti fu un uomo eccezionale, che sapeva navigare in un mondo di furbi e di incompetenti. E con quella espressione “i ricchi scemi”, con ovvio riferimento al mondo del calcio, puntava il dito verso quei dirigenti sportivi che si arricchivano, o tentavano di farlo, ma soprattutto verso chi, a partire dagli anni Sessanta e Settanta, sperperava i patrimoni sull’altare della popolarità e della ricerca di conti bancari più robusti.

Difficile che tra “gli scemi” fosse incluso Antonio Sibilia, “o commendatore“, uomo rozzo nei modi, ma di rara intelligenza.
Quattro anni vissuti nell’arma dei carabinieri, prima a Caltanissetta e poi in servizio sui treni. Abilissimo a sfruttare il momento della ricostruzione e a cercare, soprattutto, la strada migliore perché le banche gli facessero credito e gli permettessero di tirar su case non solo ad Avellino, ma in tutta l’Irpinia, un circondario più ampio e più ricercato.

Il “commentatore” ci raccontò la sua strategia vincente una sera di primavera da Titino Leo alla “Taverna del Lupo”, il ristorante di Mercogliano che, soprattutto la domenica, era diventato il suo ufficio. In quel posto distribuiva biglietti per lo stadio o i pass per accedere ai parcheggi dello stadio Partenio. Sibilia ci spiegò come aveva fatto a ottenere un fido con tanti zeri e quali argomenti convincenti avesse tirato fuori per scardinare la diffidenza dell’Istituto di credito a cui si era rivolto, non potendo mettere sul tavolo la benché minima garanzia.

Il racconto era questo:

Andai al Banco di Napoli, a Chiaia, mi feci presentare al direttore e a lui la cantai chiara: ‘Dottò non ho una lira: mi servono 700 milioni. C’avimmo a fà?’ Chiunque al suo posto avrebbe fatto aprire la porta per farmi accompagnare fuori. Lui no. Ci pensò un attimo e quel momento di pausa mi servì per argomentare meglio la richiesta. Avellino e la sua campagna sono stati dilaniati dalla guerra, le macerie sono di più delle case rimaste in piedi, i comandi delle truppe americane devono disfarsi di tanti macchinari lasciati nella campagna: camion, caterpillar, pale meccaniche, ruspe.
Per tutto chiedono 700 milioni, quelli che sto chiedendo a voi. I soldi potrebbero servirmi nell’edilizia, che ora resta l’unica cosa da fare per ristabilire un po’ di vivibilità. Se mi date questi soldi costruirò ad Avellino, a Mercogliano, in altri centri qui dell’Irpinia, dove ci sono importanti terreni edificabili. Un investimento del genere, e questo fu il mio colpo da maestro, sarebbe una manna anche per voi. E questo è!

Secondo le parole di Sibilia, la storia si chiuse così: “Il funzionario dopo aver verificato che anche il suo istituto avrebbe fatto un affare, chiese una pausa di mezz’ora, necessaria per alcuni controlli. Tornò pregandomi di aspettare ancora qualche minuto, visto che in cassa non c’era la cifra che mi serviva, doveva rivolgersi alle altre banche amiche per raccoglierla!

Altro che scemo. Con quella mossa don Antonio costruì il suo impero, avviò il suo enorme progetto, dando lavoro a chi allora non ne aveva ed era disperato e rimettendo in movimento quei camion chiusi nei garage e che aveva utilizzato in precedenza per brevi e poco redditizi trasporti.
Mai chiacchiere, mai bluffare“. Se non altro il commendatore poteva render ancor di più giustizia a questa sua massima di vita.

Antonio Sibilia – Wikipedia

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