Carlo Mazzone, scomparso oggi all’età di 86 anni, è stata una figura iconica del calcio italiano anche per le sue gag, per le sue battute rigorosamente legate al dialetto romano.
Tra gli episodi consegnati agli annali c’è di sicuro quella folle corsa sotto la curva dei tifosi dell’Atalanta nella partita col Brescia. “Buttame fori, me lo merito” disse tornando verso il campo all’arbitro del match Collina.
E poi c’è quello “scambio” con il terzino Amedeo Carboni durante una partita della Roma: “Amedeooooo quante partite hai fatto in serie A?” Carboni: “350, mister”. Mazzone: “E quanti gol?” Carboni: “4, mister” Mazzone: “Ecco, allora vorrei proprio sapere ‘ndo caz.. vai! Torna in difesa!”
Oppure quel “rimbrotto” a un taciturno Guardiola raccontato in un’intervista. “Posso dire che Pep è un ragazzo di una serietà pazzesca, a volte troppa. A Brescia, nello spogliatoio vedevo che non parlava mai e gli faccio: “Ahò, ma te vuoi sta’ zitto?” E lui: “Ma come, non ho detto niente!”. E io: “Appunto”.
Queste alcune delle sue frasi più celebri:
“Come diceva mio padre, me devono solo imparà a morì!”
“Difensore scivoloso, difensore pericoloso”.
“Dicono che gli errori degli arbitri cor tempo se compensano. Allora dico: fate presto perché io sto quasi per anda’ in pensione e sto sempre in rosso”.
“Il fallo tattico è il cugino della simulazione”.
“La tecnica è il pane dei ricchi, la tattica è il pane dei poveri”.
“Dicevano Mazzone è il Trapattoni dei poveri. Rispondevo: amici miei, Trapattoni è il Mazzone dei ricchi”.
“Mi piace il tridente, ma guai a farlo diventare stridente”.
“Gestire Roberto Baggio è stata una passeggiata. Era un amico che mi faceva vincere la domenica”.
“Battere la Roma? È mio dovere provarci, ma è come uccidere la propria madre”.
“Ahò pe fa’ vince il campionato ai laziali, ce voleva un romanista”.
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